« Ogni racconto durevole è come il seme in cui sta dormendo l’albero gigantesco. Quell’albero crescerà in noi, farà ombra nella nostra memoria. »Credo che questa frase, contenuta nello splendido saggio “Alcuni aspetti del racconto”, descriva alla perfezione il mio rapporto con Bestiario e col suo autore, Cortázar. Aprite le orecchie. Vi racconterò una storia. C’era una volta una liceale impacciata (e c’è ancora una donna impacciatissima) che qualche anno fa si fece coraggio, puntò i piedi e si disse: « quest’anno diventerò una persona coraggiosa! ». E non trovò nulla di meglio per dimostrare il suo nuovo coraggio che impegnarsi in prima persona in un progetto, metterci la faccia (letteralmente). Frequentavo la seconda liceo quando la mia scuola si candidò per partecipare a “Per un pugno di libri”. Fosse stato un altro anno, un anno qualsiasi della mia vita, avrei ritorto il collo come una tartaruga e, chiusa nella mia tana personale e fumosa, sarei rimasta a guardare i miei compagni gareggiare alla tv. Ma quell’anno ero una persona coraggiosa. Quell’anno ci finii io dentro la tv. E finii, precipitai dentro Cortázar, ci inciampai un po’ per caso, un po’ per destino. Il mio primo approccio con Bestiario – la lettura assegnata – fu caotico, spaventoso. Ricordo come ci guardavamo spauriti, liceali attorno a un tavolo, attoniti, sbalorditi che si potessero vomitare coniglietti, che si allevassero mancuspie, che tigri invisibili passeggiassero per vecchie case. Eravamo ancora bambini, ma non riuscivamo a pensare da bambini. Non accettavamo il principio di finzione. Per questo, anziché ricordare la bellezza di Bestiario, ne ricordo più che altro il mistero, l’impenetrabilità, la paura. Che cosa è cambiato da allora? Che cosa vedo ora che non vidi allora?Tutto. E niente. Perché tutto c’era già in potenza, Bestiario aveva già piantato i suoi artigli e lavorava e cresceva e germogliava in silenzio dentro di me. Per tanti anni Bestiario mi ha messo radici nella coscienza e me ne accorgo soltanto ora. Me ne accorgo rileggendo i suoi racconti, sfogliando le pagine, sentendo sulla lingua la suggestione delle parole. Me ne accorgo quando ritrovo un mio pensiero, un pensiero finito qui chissà come – e capisco che il pensiero non era mio, capisco che il pensiero era di Cortázar, solo non sapevo di averlo attinto. Me ne accorgo quando le sillabe si frangono in una musicalità così perfetta e cesellata che non si può desiderare di scrivere diversamente da così. Me ne accorgo perché sento una nostalgia, una nostalgia fortissima di cose che non sapevo di aver perduto e ora ritrovo preziosissime. La bambina che è in me non ha più paura della finzione, non ha più paura del mistero. Perché capisce che questa paura era solo un sentire troppo intenso di bellezza. I racconti di Cortázar sono qualcosa che non si dimentica. Sotto forma di paura, sotto forma di sbalordimento, sotto forma di fascinazione: sempre lasciano un segno indelebile nella memoria. Straordinari nella loro concentrazione di senso e di perfezione stilistica, abbacinano il lettore, lo punzecchiano, non si può rimanere indifferenti. Si può non capire, ci si può arrabbiare, si può persino desiderare di darli alle fiamme: ma non si dimenticano. A ottant’anni ricorderete ancora quanto vi abbiano turbato. Quelli che hanno più turbato me – quelli che porterò sempre nel bagaglio, anche quando non saprò di portarli – sono quattro: “Lettera a una signorina a Parigi”, “Lontana”, “Omnibus”, “Circe”.“Lettera a una signorina a Parigi” perché vomitare coniglietti – e vomitarli con la stessa tenerezza descritta da Cortázar, vomitare quei piccoli miracoli – è davvero un’abitudine troppo affascinante per passare inosservata. Senza considerare la perfezione con cui l’elemento fantastico – assolutamente non spiegato, assolutamente ‘reale’ – si innesta su uno sfondo di un realismo assoluto, vivido, quasi maniacale, dove il dettaglio è così insistito da parer esso stesso fuori luogo, e non il fatto di vomitare coniglietti. “Lontana” perché quella liceale impacciata lo imparò a memoria e sapeva recitarlo e, quando lo rilegge ora, a distanza di anni, capisce che parlava di lei. Parlava della vita misteriosa e parallela che si svolge in ciascuno di noi e che costantemente lotta per assorbirci. “Omnibus” perché ci vedo dentro una storia d’amore. Una straordinaria e inquietante storia d’amore – l’amore tra due persone che si uniscono perché entrambe mancanti di qualcosa, l’amore tra due persone coalizzate insieme contro il mondo. “Omnibus” perché insegna che l’amore è avere insieme una mancanza, ma quando quella mancanza finisce, quando ci si sente reintegrati, allora si può non aver più bisogno dell’altro ed è inevitabile andare per la propria strada. “Circe” perché è un piccolo miracolo in prosa, una perla di straordinaria e rara perfezione. E in questo risiede il fascino che esercita sul lettore, Cortázar tanto irresistibile e tanto pericoloso quanto la Circe omerica. A chi voglia scrivere racconti e a chi sia interessato a capire come si scrivono raccomando la lettura dei saggi contenuti nell’edizione Einaudi, “Alcuni aspetti del racconto” e “Del racconto breve e dintorni”. In essi Cortázar descrive la genesi del racconto come un processo misterioso e quasi indipendente dalla volontà dello scrittore stesso. Scrivere – e specialmente scrivere racconti fantastici – è secondo lui lo stesso che un esorcismo: “rifiutare creature invadenti”, lo chiama. Un bravo scrittore di racconti deve essere “posseduto” dal suo racconto, “come chi si toglie di dosso un predatore”. Questo conferirà al racconto due delle caratteristiche essenziali della sua grandezza, l’intensità e la tensione. Ogni tema può trasformarsi in un buon racconto, non ci sono buoni temi e cattivi temi. È lo scrittore che, credendo in esso e trattandolo al meglio delle sue possibilità, rende un buono o un cattivo tema un racconto straordinario o mediocre. Quando un racconto arriva, questo ci dice Cortázar, lo si sente come qualcosa che ci cade addosso. Un racconto è un’intuizione poetica. Non si può respingere. Non si può ritardare. Va scritto, ora, subito. Rifiuta qualsiasi distrazione collaterale. Un buon racconto non si progetta, si scrive da sé perché si impone alla coscienza dello scrittore come un tutt’uno misterioso, non ancora strutturato ma compatto. Non si scrivono racconti con la testa, questo ci dice Cortázar. Si scrivono con la pancia. Si scrive come per liberarsi del mal di stomaco. Ed è per questo che Cortázar non si dimentica: perché per liberarsi del mal di stomaco ce lo deve trasmettere. Di Cortázar ci si ammala. E non c’è volontà di capire che tenga, non c’è medicina se non soccombere sotto il peso della fascinazione.
Niente da fare, fra me è Cortàzar non c' è intesa , non ci si capisce ecco, io ho provato a lasciarmi andare e a seguirlo , ma niente . Ieri per esempio ero a metà di cefalea e ...Cosa incredibile... mi sono accasciata sul libro, catalessi, poi c' era la mosca che mi svolazzava intorno che era così interessante ... Insomma l ho finito per pignoleria, e mi spiace dirlo ma mi ha rovinato anche quelli a seguire , che non erano male... L' incubo delle Mancuspie era onnipresente ; ma insomma tesoro mio, dico io ,me le infili in un racconto, e dai per scontato che io sappia quanto te cosa sono , senza darmi un minimo di definizione... Ma non era mica solo questo TU Einaudi mi metti le note per ogni racconto (fra l' altro molto utili, perché devo ammettere di non saperne un granché di cultura argentina ) ma a questo no, proprio a questo che era imbottito di terminologia omeopatica e medica , ma dico , sei fuori?? Va bene tralasciando cefalea che come si evince mi ha davvero innervosito ci sono i due precedenti che mi hanno veramente indisposta e sono : Lontana e Omnibus che sono come lo zucchero sul limone , lo stile di Cortàzar è magnifico, sembra sia nato con la penna attaccata alla mano, ma il contenuto e i caratteri, persino la scelta dei particolari mi hanno lasciata basita ... frasi perfette in un contesto campato in aria... Adesso voi direte ma perché allora 3 stelline? Beh perché mi accorgo di essere stata abbastanza cattivella, e ci sono 5 racconti veramente "carucci" che sono: - Casa occupata : come apertura non è male, ti da già un idea dello stile, l' idea di base dei due fratelli che convivono ( in maniera, come dice lo stesso autore, vagamente incestuosa, è un ottimo spunto e anche là pian piano progressiva invasione della casa da parte di chi? Poi mi chiedo, è una faccenda molto interessante, ma approfondirla un tantino di più non avrebbe fatto male, lasciata così rimane ad uno stadio onirico molto primitivo...- Lettera ad una signorina di Parigi : è uno di quelli che mi è piaciuto di più , stile ancora più curato se possibile , gli avvenimenti hanno un filo logico molto preciso , e anche i protagonisti in questo caso sono molto più curati.- Circe : anche questo molto carino, le atmosfere si fanno rarefatte , pur in un contesto molto realistico , e i protagonisti in questo racconto sono forse i più accurati , Delia poi è magnetica...- Le porte del cielo: Particolare anche questo, forse ancora più degli altri attaccato alle atmosfere di Buenos Aires, a ritmo di Tango ...- Bestiario: Non a caso , credo , dia il nome alla raccolta, penso che questo racconto contenga in maniera perfetta quello che vuole comunicare con la sua scrittura senza perdersi come gli altri, decisamente qui hai conto nel segno ! Bravo Julio, così mi piaci! In ogni caso ,i due saggi in appendice a questi racconti, sono magnifici. Sopratutto il primo : Alcuni aspetti del racconto ,l ho trovato superbo, con l' idea di paragonare un racconto al arte fotografica di alcuni fra i più grandi fotografi come Bresson e Brassai, in maniera illuminante , per non parlare degli esempi pratici di "arte del racconto " che Cortàzar ci fa riferendosi ai più grandi maestri del racconto : Poe, Cechov, James, Mansfield, Blixen, e altri...Insomma trovo questi due piccoli saggi indispensabili per chi intenda intraprendere la carriera di scrittore e non solo di racconti, perché c' è molto di più...In sostanza Cortàzar è un bravissimo scrittore, ma ancora, credo , che qui non ci fosse del tutto , ma del resto questa era la sua prima raccolta di racconti, ne ho comprate altre due :storie di cronopios e di famas, e ottaedro ( in cui mi dicono sono raccolti i capolavori di Cortazàr, e spero che magari con un lui un po più maturo le cose vadano meglio :)
Do You like book Bestiario (2008)?
Ammetto che non conoscevo affatto Cortazar e credo sia stato un peccato, perché leggere questo libro è stata una scoperta. "Bestiario" è una raccolta di racconti in cui partendo dal quotidiano, quartieri di Buenos Aires, ambienti popolari, Cortazar accompagna il lettore alla scoperta del mistero, dell'irrazionale, dell'illogico, della fantasia, del fantastico, come ne "La casa occupata" in cui forze estranee portano scompiglio nella vita ordinata di due fratelli oppure l'uomo che vomita coniglietti in "Lettera a una signora di Parigi" o una tigre che si aggira per casa.Una raccolta in cui il quotidiano, l'irreale, il mistero convivono regalando alla nostra vita quel tocco di mistero in più che serve a farci comprendere che a volte l'impossibile è possibile.
—Simona
Quisiera haber podido darle más estrellas pero por ahora me quedo con 2 ("it was ok"). Sé que algunos deben estar "¡¿pero cómo?!", lo siento, quizá no he llegado a estar a su nivel de lectores pero como dicen, en gustos se rompen géneros. Encontré algunas de sus historias algo pesadas de leer, quizá hayan sido algunos modismos o palabras usadas sólo en Argentina, otras veces las historias parecían no tener piés ni cabeza, o tal vez frases o estructuras rebuscadas a mi parecer. No sé, quiero pensar que mis expectativas eran otras y me topé con un estilo diferente, único, al que no estaba preparado. Eso sí, al final son historias bastante memorables.Las historias son ocho. 1) Casa Tomada, es una buena historia para comenzar el libro. 2) Carta a una Señorita en París, es muy interesante, no lo veía venir. 3) Lejana, sentí que estaba leyendo a una loca que poco a poco va tomando cordura. Toda una experiencia de lectura bastante bien llevada. 4) Ómnibus. 5) Cefalea. 6) Circe. 7) Las Puertas del Cielo, creo que fue la que más disfruté. 8) Bestiario.En fin, para reseñas más serias y completas ahí está wikipedia y demás. Yo sólo no quería quedarme con las ganas de leer a Cortázar. Quizá en otro momento leo más de él.
—Aldo
Éste es el primer libro que lamento que no sea mío, maldita sea, el lunes tengo que devolverlo a la biblioteca! Da ganas de robarlo. Sólo Dios sabe (y algunos amigos) cómo suelo encariñarme con los libros.El libro que comento se titula "Bestiario" de Julio Cortázar, una selección de ocho cuentos bien logrados, que introduce al lector de una forma muy efectiva: proporcionándole datos que no entiende pero que en el transcurso de la historia todo se aclara, cobra sentido, y vislumbra.Mis cuentos favoritos fueron:Casa Tomada: El autor logra transmitir la presencia de esos seres que van apropiándose de la casa e inspira pánico.Lejana: Cuento con estructura de diario en el que Alina Reyes narra su vínculo con una mujer de Budapest, que no conoce, que no sabe si realmente existe, y que al final termina perdiéndose.Las puertas del cielo: El autor logra crea el ambiente para contar, con una nostalgia disimulada, más bien de remembranza y dolor por lo ausente, la muerte de Celina, y las cosas, lugares, y bailes que la evocan.Antes sólo había ojeado Rayuela, y me encantó el inicio, pero ahora ya puedo decir que conozco a Cortázar, y es uno de los grandes narradores de lo fantástico y lo insólito.
—Wingerr