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What A Carve Up! (2001)

What a Carve Up! (2001)

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4.1 of 5 Votes: 3
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ISBN
0140294562 (ISBN13: 9780140294569)
Language
English
Publisher
penguin books, limited (uk)

About book What A Carve Up! (2001)

What a Carve Up! is so much more than a political novel, though it is certainly that. The Winshaw peeps represent all that was wrong with the greed decade (1980s) in Britain (when people I cared for couldn’t get a job or proper medical treatment on the national health). In spite of my disgust with those times, I’m delighted by Coe’s absolutely horrid, unabashedly over-the-top ‘baddies’ who represent what can go wrong when creeps rule. Also a plus is the ever-shifting narrative from first person -- to manuscript -- to newspaper article -- to third person, etc. Love it.Coe draws a network of parallels between his narrative and the 1961 film, What a Carve Up!, which is itself a spiffy parody of the horror film and the British cozy genres. The author uses a tame bedroom scene from the movie to describe the sexual awakening of the protagonist Owen as a youth, and in a separate part of the book, Thomas Winshaw’s paraphilia. But the connection to the film runs deeper. The characters and situations Coe draws are, at times, as outlandish as those in the film. A beastly, upper crust family; the imposing, dark mansion; an attractive, sincere nurse; a grave family solicitor; a nutty spinster; tensions between social class; unrequited love; the reading of the will with ensuing murders; and certainly, sexual repression – all these elements from the film are in this novel. Suits me; the film’s been on my mental ‘like’ list for quite some time because it’s a homage to Christie’s, Ten Little Indians.There are yummy little illustrations of each Winshaw dotted throughout the book; each introduces the characters’ textual profiles. As caricatures, they are as cartoonish and farcical as Coe’s text. Likewise, they provide lots of information on who these people really are. Stylistically they copy Tenniel, and I believe that this is intentional because they effectively convey a type of demented whimsy that's found in, Alice Through the Looking Glass. (I hope these sketches are in all editions.)The message is fairly straightforward: Greed is bad and can ruin people’s lives. Got it. But for me, what saves this book from being boringly preachy are mainly two things: The Fiona/Owen storyline harkens to Orpheus' loss of Eurydice (a major sniffle moment). Much of the sexuality in the book is insulated, dreamlike, and voyeuristic. Let’s face it – a healthy, well-adjusted existence is preferred by most in real-life, but makes for poor copy. The film’s bedroom scene presented through a mirror; Owen’s titillation via the lens of countless video tapes; Joan’s slumber observed; the deliciously icky Thomas -- all these remind me of the pathos and terrible consequences of an Orphean gaze, and the impotence of fear and greed.The novel’s other saving grace and great strength is humor. I wonder. Would I like this book as much if I didn’t agree with the author’s politics as presented in the text? How much does this matter to me? I dunno. But it’s been a long time since a novel has made me laugh right out loud the way this one has. I startled the cat on several occasions with my guffaws. This is truly the author’s gift, because it’s those funny, shiny moments in the novel that remind me how hilarity makes life worth living, no matter who’s running the country. Now, I will never see a Maraschino cherry as just a Maraschino cherry. I am very happy to have read this book.

Comincio dalla fine.Avete presenti quei pomeriggi domenicali invernali, quando fuori è freddo, in tv non c’è nulla di interessante da vedere, i dvd da guardare sono sempre gli stessi e allora, per passare il tempo, si decide di fare una partita a Cluedo? Il pomeriggio vola, a me il Cluedo piace da matti, e giocare per scoprire se l’assassino è Miss Scarlett, con la rivoltella, in sala da ballo o il colonnello Mustard, con la corda, in veranda mi appassiona molto di più che leggere un giallo o guardarne uno in televisione.Ebbene, la seconda parte del libro di Jonathan Coe è stato un rivivere una partita a Cluedo: appassionante. Un thriller secondo il modello della “camera chiusa” che si svolge nello sfondo di un vecchio maniero inglese, con gli ingredienti tipici della letteratura del genere, che si dipana sotto lo sguardo tranquillo di una vecchietta, stile Miss Marple, che sferruzza pacifica in mezzo a omicidi perpetrati nei modi più strani e al contempo “appropriati”, richiamando in modo esplicito “dieci piccoli indiani” di Agatha Christie.Altro genere la prima parte del libro: “un libro tremendo, un libro senza precedenti, fatto in parte di memorie private, in parte di cronaca sociale, tutto mescolato insieme in una miscela letale e devastante”. Così il protagonista del romanzo, lo scrittore Michael Owen, descrive il libro che lui è stato incaricato a scrivere, che rievochi le gesta della famiglia Winshaw.Ed è proprio questo mescolamento di generi, di stili e sovrapposizioni di toni che mi ha trasmesso un senso di disordine e ha reso la lettura a tratti difficoltosa.Un libro nel libro: il libro di Coe contiene il libro di Owen “l’eredità Winshaw * cronaca di una famiglia”e, con questo espediente, racconta 50 anni di costume, cronaca, vita politica britannici visti attraverso la storia di una famiglia che rappresenta il volto inquietante del potere nell’economia, nella finanza, nell’editoria, nella politica, nell’industria bellica; una famiglia di “vermi con sembianze umane”, guidati in ogni loro azione esclusivamente dalla nuda, brutale e rapace avidità (così vengono descritti i propri congiunti da un Winshaw nel suo testamento). Ci sono pagine notevoli,colme di satira politica, di denuncia sociale –in particolare sulla malasanità britannica introdotta con la riforma del servizio sanitario nazionale realizzata dal governo della Tatcher- e di costume. La vita dei Winshaw si incrocia –uso appositamente questo termine- con la vita e il destino dello scrittore, e ciò viene espresso da Coe attraverso bruschi cambiamenti di stile, si passa dal racconto delle vicende di Michael Owen in prima persona all’esposizione in terza persona delle vicende Winshaw, poi nel finale anche la storia di Michael viene raccontata in terza persona, e anche cambiamenti di toni, che da ferocemente ironici passano repentinamente ad atmosfere di amarezza e anche profonda tragicità. Tutto ciò, anche se alla fine i tasselli vanno al loro posto, mi ha trasmesso il senso di un libro confusionario.Un appunto su i destini incrociati, cui ho fatto cenno sopra. E’ lo stesso Coe a citare Calvino; e nel retro di copertina si legge “Coe incrocia destini secondo la lezione di Calvino”.Il grandissimo scrittore italiano lo fa in modo superbo, con estro, creatività e genio. Lo scrittore britannico credo che la lezione debba ripassarla meglio.

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Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco. Crisi esistenziali che Amleto levati e famme sfoga'.Sentendomi alquanto frastornata, gironzolo per casa ciabattando, tentando di arrivare ad una decisione: quanto peso possono avere, quanta importanza posso concedere alle ultime novanta pagine de "La famiglia Winshaw", romanzo corposo ed elaborato e mirabolante?Bisbigli a destra: "Come puoi dimenticare le quattrocento pagine che ti hanno illuminato i sensori emozionali e tecnici di lettrice? Come? Frega niente della fine! Frega niente! Le ultime pagine formano una sezione per molti aspetti autonoma e magari trascurabile, dimentica, stolta!"Bisbigli a sinistra: "Non prendiamoci in giro come fessi. Coe è arrivato a pagina 390, diciamo 400, facendo faville, e poi è ruzzolato dal cucuzzolo della montagna come un imberbe scrittorucolo frettoloso. Ha perso la bussola, si è ubriacato della propria genialità ed ha lasciato andare il timone".Oddio-perchè-devo-decidere.Provo a procedere con ordine (calma e respira):Michael Owen, scrittore inetto indolente e solitario, viene incaricato di scrivere la biografia della famiglia Winshaw, descritta da uno dei suoi stessi membri come "il branco più abietto, spietato e rapace di bastardi pitocchi e di infide bisce che abbia mai strisciato sulla faccia della terra". Una famiglia "di criminali, la cui ricchezza, il cui prestigio sono fondati sul più ampio ventaglio di truffe, contraffazioni, ladrocini, ruberie, furti, inganni, imbrogli, menzogne, saccheggi, rapine, razzie, distruzioni, malversazioni e appropriazioni indebite".'Somma, una allegra combriccola di simpatiche canaglie.Il dipinto della società inglese dell'Era Thatcher (è per questo che ho scelto di leggere il romanzo: vogliamo parlare della delusione per il film "The Iron Lady"? Ne vogliamo veramente parlare? Che cosa ha detto di sostanzioso? Mbah) è preciso, documentato, ironico-satirico e...avvincente. La storia dei Winshaw è, inoltre, intervallata dalle vicende personali - sentimentali e non - dello stesso Michael, perso dietro ai suoi sogni di scrittore e soffocato dall'incapacità di vivere e costruire.Di una cosa sono assolutamente certa in questo maramaglia: Coe è un scrittore sensazionale (un po' insipida come qualificazione. Geniale? Fantasmagorico? Eccellente? Non sono molto in forma con gli aggettivi qualificativi). Anzi, non è soltanto UNO scrittore: Johathan Coe è almeno DIECI scrittori diversi. Tanto che, durante la lettura, ho creduto fermamente che avesse frazionato la propria anima in dieci horcrux diversi e che ciascuno di questi avesse poi scritto da sè una frazione del romanzo.E' senza dubbio sia un tecnico della scrittura sia un affabulatore, un incantatore di serpenti, un profondo conoscitore di tutti gli strumenti "psichici" con cui ammaliare il lettore e tenere viva (e vibrrrrante) la sua soddisfazione, la sua attenzione ed il suo coinvolgimento."La famiglia Winshaw" è un'enciclopedia viva della scrittura e dei modi di scrivere, narrare e raccontare storie. Viva ed avvincente come il migliore dei romanzi ammalianti. Mi sto convincendo, sapete?E poi eccolo lì: quel malloppetto meschino delle pagine dell'ultima sezione.Cose da prendere il muro a testate.Un giallo, un racconto a tinte gialle, un po' annacquato. Un tentativo di fare scintille e fuochi d'artificio che si svampa per un'alitata di gatto.E mo'? Che je faccio io a Gionathàn?
—Stefania T.

I read this book when it first came out in the mid-1990s, and it's still my favourite Jonathan Coe novel -- well, maybe joint favourite with The House of Sleep. It sizzles with rage, and yet makes you laugh out loud as well. As Michael, the reclusive failed writer who is the "hero" of the novel writes in a book review:We stand badly in need of novels, after all, which show an understanding of the ideological hijack which has taken place so recently in this country, which can see its consequences in human terms and show that the appropriate response lies not merely in sorrow and anger but in mad, incredulous laughter.Michael is clearly based on Coe himself -- even the titles of his two early novels are similar. Suffering from writer's block since a massive argument with his mother in a Chinese restaurant three years before the novel opens, he now spends most of his time alone in his flat watching old videos -- notably one of What a Carve Up!, a spoof horror film he saw part of on his ninth birthday before his mother dragged him out, claiming it was unsuitable. Now, he has a mysterious but well-paid commission from a vanity press to write a family history of the ghastly Winshaws, an all-powerful family with a stately pile, Winshaw Towers, in Yorkshire.The first, longer part of the novel alternates chapters about Michael and his gradually blooming friendship with his neighbour Fiona, with chapters each devoted to a member of the Winshaw family. They are a microcosm of the Establishment in Thatcherite Britain: an MP (once Labour, now Tory and a fervent admirer of Mrs T), a merchant banker, an arms dealer, the owner of a massive agribusiness churning out processed TV dinners and battery-raised animals, an art dealer, and a tabloid columnist. The savagely satirical chapters tear apart the morals of the 1980s -- yet even if they seem over the top, they are based on documented historical facts, many of which are clearly recognisable to anyone who followed current affairs in Britain in the 1980s. This part ends in very personal tragedy for Michael -- a tragedy which can be blamed at least partly on the members of the Winshaw family and what they have done to British institutions.The second part returns to farce in an over-the-top parody of a horror film, and more particularly the film What a Carve-up!, as various villains meet their ends in appropriately ghastly ways in the gothic setting of Winshaw Towers.Verdict: I still love this book, so long after the events it describes. I have never read such a perfectly balanced cocktail of venom, satire, lyricism, Greek myth, and lunacy. Coe's later, better-known novels (Rotters' Club et al) are excellent in a more conventional way, but this is truly one of a kind.
—Veronica

«Το κόλπο είναι να κάνεις πάντα σκανδαλώδη πράγματα. Δεν υπάρχει λόγος να περνάς μια σκανδαλώδη νομοθεσία και μετά να δίνεις στους άλλους το χρόνο να προετοιμαστούν σχετικά. Πρέπει να παρεμβαίνεις αμέσως και να την επικαλύπτεις με κάτι ακόμα χειρότερο, προτού η κοινή γνώμη προλάβει να καταλάβει το κακό που τη βρήκε».«Και στο μεταξύ αυτοί κάθονται σπίτι τους και χοντραίνουν με ό,τι αποκομίζουν, κι εμείς είμαστε εδώ. Οι επιχειρήσεις μας πέφτουν έξω, οι δουλειές μας πάνε κατά διαόλου, η ύπαιθρός μας ασφυκτιά, τα νοσοκομεία μας καταρρέουν, τα σπίτια μας κατάσχονται, τα κορμιά μας δηλητηριάζονται, τα μυαλά μας φρακάρουν, όλο το πνεύμα αυτής της κωλοχώρας έχει συνθλιβεί και δεν μπορεί να πάρει ανάσα».
—Ηλίας Α.

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