Solo chi è sicuro di sé può farsi accettare dagli altriAlla fine della lettura di Principessa Casamassima, uno dei romanzi meno noti di Henry James, mi sono trovato a riflettere su come interpretare questo romanzo. Sicuramente sono in grado di dire cosa non è. Principessa Casamassima non è un semplice feuilleton, un romanzo d'appendice, anche se la storia, con i suoi misteri, i suoi personaggi così tipizzati, le atmosfere cupe, l'elemento complottardo lo lascerebbe pensare. La storia, infatti, potrebbe essere quella di un drammone ottocentesco uscito a puntate su qualche rivista londinese o parigina (ed effettivamente il romanzo uscì a puntate nel 1886 sull'Atlantic Monthly). Il protagonista è Hyacinth Robinson, allevato da una povera sarta ma figlio di un lord inglese e di una prostituta parigina, morta in carcere per avere ucciso il lord dopo essere da questo stata abbandonata.Hyacinth lavora come rilegatore di libri e entra a far parte di un circolo rivoluzionario socialista. Diventa amico di Paul Muniment, chimico e uno dei leader del gruppo. Una sera, a teatro, dove ha portato la sua quasi fidanzata Millicent, viene inaspettatamente invitato nel palco di una gran dama di origini italiane, la Principessa Casamassima, che vuole conoscere il popolo. Tra i due nasce un rapporto quasi amoroso (dalla lettura non si capisce bene se divengano amanti) e la principessa diviene una fervente socialista, tanto da donare i suoi beni alla causa e andare a vivere in un modesto appartamento. L'evoluzione del pensiero di Hyacinth è opposta: egli, entrato in contatto con il lusso e dopo un viaggio a Parigi, inizia a staccarsi dal movimento, a non credere più nella rivoluzione, a volersi rifugiare nel suo amore per la Principessa, che gli appare come un essere superiore, una specie di angelo. Purtroppo la Principessa, che invece ora vive soltanto per la causa rivoluzionaria, inizia a perdere interesse per il suo tormentato amico e a preferirgli Paul Muniment, sicuramente più tetragono e determinato. Hyacinth però non può staccarsi dal suo passato rivoluzionario perché si è impegnato a compiere un attentato quando i capi decideranno che è il momento di agire. Vive quindi la contraddizione tra il dover adempiere alla parola data e il non credere più agli ideali per cui l'aveva data, ed il dramma di vedersi progressivamente isolato dalle persone in cui credeva. Non svelo il finale, ma già da questi scarni elementi (nel romanzo vi sono in realtà tutta una serie di personaggi e situazioni di contorno che lo rendono complesso e articolato) si può vedere come gli elementi del feuilleton ci siano tutti. Probabilmente era proprio questa anche l'intenzione di James, quella di scrivere un romanzo che incontrasse il favore del pubblico (che gli mancò) grazie ad una trama che mescolasse miseria e nobiltà, grandi ideali e meschinità umane. James era però scrittore troppo raffinato, troppo cesellatore per potersi limitare ad un romanzo d'appendice. La prosa Jamesiana si snoda così lungo le 500 pagine fitte fitte di questa edizione Garzanti con quel suo tipico andamento asimmetrico, fatto di dialoghi diretti e di lunghe pause di riflessione, nelle quali descrive i pensieri e gli stati d'animo dei protagonisti con un periodare lento, fatto di incisi e subordinate, che mal si accorda con le esigenze del pubblico, come anche alcune recensioni moderne reperibili sui social media letterari dimostrano.Principessa Casamassima non è neppure un romanzo volto ad analizzare e a denunciare la condizione materiale della classe operaia nella Londra di fine '800 o volto a descrivere l'azione del movimento rivoluzionario a cui una buona parte di tale classe aderiva. Troppo lontano da James, ricco americano anche se trapiantato in Europa, era il sentire di quella classe, troppo distanti dal suo mondo i sentimenti e le sofferenze di quella fetta d'umanità, sfiorati probabilmente solo dal finestrino di una carrozza mentre andava dal club ad un ricevimento. Nella letteratura di James, del resto, non è in generale presente alcun intento di critica sociale. Viene in mente L'agente segreto scritto più di vent'anni dopo dall'amico Joseph Conrad, romanzo diversissimo ma che ha in comune con Principessa Casamassima l'ambientazione in quelli che i due autori ritenevano essere i gruppi rivoluzionari. In James per la verità c'è un po' più di analisi delle condizioni oggettive di vita, dell'ingiustizia sociale, e non prevale in assoluto, come in Conrad, una visione complottistica del movimento. Tuttavia il quadro che ne esce è sicuramente artefatto, e l'ambientazione è a mio avviso per James solo un pretesto, un brodo di coltura perfetto, ancorché non percepito nella sua essenza, per far emergere ciò che lui vuole davvero raccontare, cioè la storia di Hyacinth, il suo essere diverso da chi lo circonda, il suo essere fondamentalmente alieno rispetto ai meccanismi sociali ed alle pulsioni che regolano le relazioni tra le persone.Principessa Casamassima è quindi a mio avviso il romanzo in cui James, attraverso il personaggio di Hyacinth, mette in campo la sua diversità e le sue contraddizioni, il suo essere un americano europeizzato, il suo essere animale sociale ma al contempo isolato e incapace di una relazione stabile, il suo essere (forse) omosessuale senza (forse) confessarlo neppure a sé stesso.Analogamente Hyacinth ha una personalità mezza inglese e mezza francese, mezza nobile e mezza plebea, non è certo delle sue idee, subisce il fascino della nobiltà della Principessa ma al contempo coltiva la relazione con la splendida piccolo-borghese (per come è tratteggiato il personaggio) Millicent, cerca insomma di farsi accettare dalle persone con le quali stabilisce una relazione. In un mondo in cui però ognuno agisce solo per raggiungere i propri obiettivi personali, in cui ognuno è certo di dove vuole arrivare, in cui viene apprezzata la capacità di agire, egli è visto come un incerto, un debole, un uomo insignificante (James ce lo descrive infatti come piccolo di statura), e per questo si troverà escluso, abbandonato da tutti.La marginalizzazione del protagonista è in qualche modo avallata dallo stesso James, che sceglie di non intitolargli il romanzo, e questo è singolare se si pensa a quanto strumentale e fumettistica sia la figura della Principessa rispetto alla potenza psicologica di quella di Hyacinth: mi pare di scorgere in questa scelta la volontà di attirare attenzione da parte del pubblico - quell'attenzione che gli mancherà costantemente - con un titolo altisonante ed evocativo, proprio nel romanzo che sembra metaforicamente certificare la sua marginalità letteraria.Anche se Principessa Casamassima non è tra i romanzi più riusciti di James (molti critici lo hanno nel corso del tempo stroncato) credo che valga la pena leggerlo, per approfondire la conoscenza di questo solitario sociale, di questo ricco signore americano che ha contribuito a traghettare la letteratura europea verso le temperie novecentesche. L'edizione Garzanti, che pure non facilita la lettura con i suoi piccoli caratteri, ha il pregio di contenere l'usuale introduzione, affidata a Franco Cordelli, che ho molto apprezzato quanto a chiarezza e contenuto.
I began the New Year with Henry James. 2000 and 2001 were my "year" of Henry James. Sometime in 2000 or 2001 I came across - in my relentless and continuous surveying of books - an essay by Joseph Epstein titled "On Selling Henry James." I love Epstein when he talks about other authors because he loves them. I find academic criticism to be nearly worthless in gaining insight, and especially in recommending books. I like getting recommendations from writers who love to read - Epstein being the prime example, but Anthony Burgess (see 99 Novels) being also very good. Epstein wrote about a course he taught at Northwestern. He described his love of James, but more importantly gave a list of James books to read in order. The order helped to orient one toward what James was trying to create. I find the first three on the list invaluable: The Art of Fiction, The Figure in the Carpet, and the Aspren Papers. They gave me a feeling for James mission as an artist. I just finished Princess Casamassima. It is the best so far - I've read Epstein's list straight through. Somehow for me James creates great vividness, great depth of character. I find when I put down his books I want to pick them up again immediately to be with those people - and with him - again. While reading Princess - one must read James slowly and in small amounts, digesting carefully - I reread Tolkien's The Hobbit. An utterly charming book, even if Tolkien is a leaden writer - "and" followed by "and" followed by "and." I realized that people turn to Tolkien to escape into his universe, the world he's created. (This includes me - I enjoyed my one reading of Lord of the Rings about five years ago.) I realize that for me James is this way: He creates a world, it is vivid and detailed. I'm not sure that good fantasy is any different from good literature. That said, I also reread, a beginning of the new year, for the 5th (?) time C.S. Lewis little book AN EXPERIMENT IN CRITICISM. I think he is dead on in looking at how the reader reads is the key. One can read Tolkein as literature as well as James. I enjoy both.
Do You like book The Princess Casamassima (2004)?
I wrote this a couple of days ago, before finishing the book.* * * How can a person read The Autobiography of Malcolm X for the first time and a novel by Henry James, concurrently? Of course it's possible to simply read the words on the page, to continue with one's program of reading through all of James's lush 19th century novels about Americans and Europeans in sequence, and to also read the story of one of America's tragically eloquent sons who found himself at the bottom of society's ladder, the same ladder where James's characters enjoy a leisurely view from the uppermost rungs. But reading is not simply traversing. It is pleasure. It is also acquisition, assimilation, reflection, and answering a desire to understand.The next novel in my reading-through-James program after starting Malcolm X's autobiography was The Princess Casamassima. I had encountered the mercurial title character in James’s previous novel Roderick Hudson, and while that book presented characters from opposite ends of America's and Europe's class structures, it still reveled in the delights of long leisurely months exploring Rome and Venice by individuals who didn’t lift a finger to earn their keep. Only slightly did James ask me to sympathize with someone poor — the artist Roderick Hudson — who nonetheless was endowed by a wealthy American friend, thus able to sustain a dissipating life.Out of desire and shame, I had also begun reading through a list of African American must-reads. I had gotten my bachelor’s in English literature before diversity lit was required as it is rather universally today, and since I advise students in the same department where I earned my degree, my sense of this reading gap grew until I just had to bridge it. I began with Zora Neal Hurston’s Their Eyes Were Watching God and then The Color Purple by Alice Walker. My intention was to read one AA book, then another James novel, and keep alternating through the lists. Please don’t judge me for my tardiness.I tried, tried and tried again to dive into The Princess Casamassima while immersed in Malcolm X's story, he who was raised so close to where I live, in Lansing and then in mostly-white Mason, Michigan, in the home of a foster family. He moved on to a dreadful but fascinating life on the streets of New York and Boston to, in his words, find “some kind of hustle to survive” and “to stay high in some way to forget what [we] had to do to survive.“ I kept telling myself in opposing parts of my brain that there is great value in James’s writing, reminding myself of the many times I had already been informed by the thought processes of his characters. Weighing pros and cons in complicated situations in my job or personal life, I kept turning to him, like a counseling friend or professor. But the lifestyle, the wealth beyond imagining, the goods and comforts and delights of the upper crust! How could I reconcile these with the violence, poverty and systemic obstruction of black people in my country, suppressed beneath even the poorest white folks, treated as less than human?Whatever I told myself, I just couldn’t stomach it. It wasn’t only that I tried reading them together. It was that I was asking myself to resolve the distinctions, to bridge them in meaningful ways, to live with them, because I recognized myself as a person born to white privilege in a context of still-horrifying racial conflict.While this reading struggle took place, massive protests in Baltimore were erupting over the death of Freddie Gray at the hands of the police. Simultaneously with Malcom’s description of the death of a black Harlem man after police shot him in 1943, I read media coverage of the same country in 2015 rising to fever pitch over the same abusive police practices in Ferguson, New York, Baltimore, and virtually everywhere else. How could anyone believe that much has changed?Then one night in bed with my iPad Kindle app I got past the first few pages of The Princess Casamassima and realized that the hero of the novel, Hyacinth Robinson, is dirt poor. Not only that, the novel is actually about the remarkable class struggles in England mid-19th century, and how the Princess Casamassima becomes involved. (I refuse to read summaries of these books before reading, because of spoilers.) Here was a topic congruous with the struggles of Malcolm X!The truth is, like James’s hero, poor Hyacinth Robinson, I love living vicariously in the cool, sophisticated salons of wealthy aristocrats. Gorgeous art, polished furniture, windows the size of walls opening out onto serene lawns, bibelots arranged on tables that cost a common man’s annual wages, rustling silk, shuffling servants — I find it all bedazzling. When the Princess Casamassima renounces her monumental possessions and turns to a London ghetto homestead for the cause of a rebellion against nobility, I feel a certain pleasure flicker and fade. Now whose splendor will sparkle through the rest of the book’s pages? Am I kidding myself that I want to read James for his characters’ wise and deep critical thinking processes? Am I really more smitten with their private landscapes, vast halls dressed in mirrors and paintings, their delicate teacups, spotless gloves and elegant manners?I have not finished either book. I interject these reflections as a sort of album of snapshots mid-way. I just read a lovely piece by Adrian Nicole Leblanc in The New Yorker about the photographer Mary Ellen Mark, who just died. The author's perspective reminded me of my own feelings reading the books I write about here. Is it possible to live in a world of ugliness, poverty, shame, degradation, violence, and find humor and warmth as photographer Mark did, to bring elegant thought and beautiful egoless observation and action into scenes of tragedy?
—Ruth
The rare novel I just couldn't finish and I'll admit I was surprised. My only other experience of Henry James is the fine, witty, and dark The Bostonians and, being a fan of stuffy novels from would-be social conservatives on terrorism and anarchism (The Man Who Was Thursday; The Secret Agent), and also being a fan of wordy, intense 19th century fiction in general, I figured this one would be a enjoyable read. Nope. I gave it to the halfway point and then gave up. How many stifling conversations on furniture placement with bedridden young women do we need? How puling the main character, a bare bones anthropomorphization of the human desire to yank one up out of one's station in life? How lame the chatty dialogue, bookended by proust-bricks of internalized semi-angst?Strange that James' preface is infinitely more stimulating, an introductory essay in which he warns us of the dense, prolix nature of the book, justifying it by exhorting us to share the emotional adventure of Hyacinth Robinson, that the book is largely a journey through his mind and emotions and desires and whatever-the-hell.He simply doesn't deliver. Bogged down in mundane conversation and shiftless characters (even the Princess, in her one appearance before I gave up) was largely a flaccid, empty bag of nothing.I know, I know, give it a chance, it gets better, but that potential slog just wasn't worth it by the time I was flinging the book away from me, cursing the Princess Kiss-my-assima.
—J.M. Hushour
That's sort of a joke above about who I'd recommend this book to. It's about half naturalism (whether genuine experiment or parody I'm not sure) and half Dickens, and it makes you see the connections between the two. I like to think of James as poking around in different styles, making each his own, trying to write like his favorite authors, and so that's what this book is. It also contains that phrase "finely aware and richly responsible" that ended up becoming a theme of my James class, and, while I grew aggravated with its constant use there, it really is a wonderful phrase and a condition to aspire to (yes, I'm ending a sentence with a preposition; how about you rewrite it to make it clearer?). Weirdly long, considering not a ton happens, but Millicent Henning is a beautiful appreciation of the healthy, dim, lucky, and grasping--not an ironic portrait thereof, but a sort of celebration of the ability to live outside one's own head.
—Hillary