Fatto sta che un autore come Bukowski io non l’ho ancora trovato. E ritengo anche che sia il più incompreso autore mai esistito. In particolare, i racconti contenuti in questa celebre raccolta non ottengono mai l’attenzione che meritano data la ripetitività dei temi e l’estrema volgarità che in essi l’autore ha voluto riversare senza alcuna moderazione (e a volerci sprecare un po’ di tempo le si potrebbero smentire entrambe queste due caratteristiche bersaglio di biasimo, ma io la vorrei fare più semplice concedendo al lettore sfiduciato due lunghezze di vantaggio). Al massimo se ne riconosce quella componente triviale ma pop, quella, per intenderci, che si rintraccia e stupisce a quindici anni quando si legge un racconto spinto di Bukowski per masturbarsi con le sue immagini spinte. Magari lo si cita senza criterio e non so bene perché, forse perché alcune frasi staccate dal loro contesto sembrano ancora più ad effetto, oppure semplicemente perché citare uno scrittore che è considerato uno dei più grandi maudits americani magari ti fa sembrare maudit anche a te. Oppure si ridacchia quando ci si trova in presenza di qualche assurdo episodio grottesco e allo stesso tempo ironico. Ma più in là, poveri noi, sono in molti a non volersi spingere. Ed è un peccato perché questi racconti, come la maggior parte di tutta l’opera di questo low-life bard, sono delle potentissime armi di liberazione individuale; sono delle estreme grida di rivolta di uomini che spezzano catene, che portano agli estremi la violenza per aprire gli occhi a chi assiste alla loro atroce rovina. Sono, questi racconti, l’arma di un uomo schiacciato dalla vita, dalle istituzioni sociali, dalle norme morali convenzionali. Un uomo che con la letteratura e la poesia grida al mondo che non è giusto farsi piegare, che esiste una morale molto più importante di quella dichiarata tale da non si sa chi. Il suo esistenzialismo è struggente; la sua comprensione del grande Compromesso e del grande Inganno è limpida, cristallina, coincide con una chiaroveggenza che solo ai pazzi e agli ubriaconi è dato possedere (da A sud di nessun nord. Storie di una vita sepolta: “I pazzi e gli ubriachi sono gli ultimi santi della terra."); la sua non accettazione è quella che cova come una brace dentro i cuori di tutti e quando finalmente tutto prende a fuoco nasce il genio di Bukowski e, allo stesso tempo, la sua distruzione perché necessariamente lo sfogo e il tentativo di liberazione, in questa società che tutti lega e abbrutisce e rende sordi e ciechi, finiscono per coincidere con la pazzia o con l’autodistruzione. Bukowski ha un’anima che io amo chiamare “anima santa”: ha, cioè, troppi fori d’entrata, è costretta ad essere schiacciata sotto il peso di tutto, deve essere addormentata dal vino e dal fumo delle sigarette, altrimenti si lacererebbe. È un’anima desta che non si può ammansire o prendere in giro. Non accetta l’inganno, no, decisamente no. E quest’anima santa si rivolge alla parola scritta per gridare l’ingiustizia; chiama in causa la poesia per portare avanti la sua missione salvifica. Lo fa con parole basse, con personaggi tremendi, con azioni disdicevoli. Guardate un po’: lo fa proprio con la vita vera! In questa raccolta la sua potenza creativa dilaga in racconti meravigliosi che vanno dal triviale dramma metropolitano (es. ”Una calibro 9 per pagare l’affitto”) al distopico lirico (”Animali in libertà”). E i lettori girano schifati quelle pagine schifose che sono, a loro avviso, dei volgari sketch di pessima qualità. Chiamano le tue storie aneddoti, ti mettono in mezzo agli scrittori erotici; pensano che tu stessi scherzando, che tu parlassi di quelle atrocità per fare il diverso. Dicono che la tua visione delle cose ti serviva per giustificare le tue sbronze. Lo fanno, Bukowski, perché non sanno vedere. O non vogliono. Ma un giorno, Bukowski, vedrai che capiranno. Oppure no, che sarebbe troppo difficile vivere con la coscienza che avevi tu. Ma io, tranquillo, ti sarò sempre fedele.
È difficile valutare dal punto di vista letterario questi racconti, nei quali vengono sovvertiti tutti i canoni compositivi e grafici tradizionali, in una ripetizione ossessiva di temi, situazioni ed eccessi che talora si sospetta volti soprattutto a stupire, provocare e scandalizzare; ma soprattutto è difficile scindere il giudizio qualitativo dell’opera da quello personale sull’autore, poiché ad essere oggetto del giudizio del lettore è essenzialmente lui, Charles Bukowski. Persona o personaggio che sia, è Hank che emerge nel bene e nel male in ogni storia: Buk, detto “gambe di elefante, il fallito”, con la sua sete inestinguibile e i suoi furenti ardori sessuali, con il suo egocentrismo prepotente e il suo cinico pessimismo, con la sua fragilità, sensibilità e tenerezza celate dietro l’arroganza e l’irriverenza. Qualcuno afferma di avere trovato divertente o appassionante la lettura di questi aneddoti, che sembrano concorrere alla realizzazione di una sorta di romanzo autobiografico composto da piccoli quadretti di vita. Personalmente invece ne ho tratto piuttosto angoscia, fastidio, irritazione e a volte pena. Perché dietro il cinismo scanzonato e lo sfoggio eccessivo e gratuito di volgarità, si percepisce un disagio profondo, un acuto malessere derivante dall’intolleranza non solo di qualunque disciplina, ma perfino di ogni più comune norma del vivere quotidiano. La cupa visione del mondo e dell’umanità in B. è al contempo motivazione e giustificazione, cioè alibi, della sua scelta di vita, che lo relega negli strati sociali più reietti e trova nell’alcol e nel sesso sfrenato il solo antidoto contro la disperazione. Brevi momenti di oblio e unico rifugio da una realtà intollerabile, pur nella lucida consapevolezza di stare correndo in discesa la china verso l’autodistruzione, e anzi spesso compiacendosene. A ben vedere, il suo atteggiamento è anche elitario e snobistico, per il fatto che vivere come un barbone per lui, a differenza della schiera di emarginati di cui si circonda, non è una necessità, ma una volontà affermata in spregio alle convenzioni e alle ipocrisie; uno sberleffo ai dettami di uno stile di vita che mirerebbe a inquadrare ogni individuo entro schemi prestabiliti. È vero che anche lui è un alcolizzato dedito alle scommesse sui cavalli e alle più sordide imprese, ma è anche uno scrittore affermato e quindi passibile di riscatto, come sappiamo essere poi avvenuto. Lurido sporcaccione o ineguagliabile genio? Eroe tragico o astuto millantatore? Adorabile furfante o detestabile profittatore? Quel che è certo è che di fronte a lui non si resta indifferenti e che il vecchio Hank è entrato nel mito.
Do You like book Tales Of Ordinary Madness (2001)?
Bukowski prende, ma prende in un modo così fastidioso che ti porta a dibatterti tra una storia e l’altra dei suoi racconti con la voglia di dire: adesso basta, è l’ultimo che leggo. Perché fa quasi rabbia questo suo compiaciuto sguazzare nella fanghiglia umana, il suo mettere la sua strabiliante energia mentale in ciò che la cultura e la morale ci ha insegnato a disprezzare…ti senti provocata, rintuzzata proprio nelle cose che ti hanno abituato a non dire, non vedere, non sentire. Poi, quando ormai la pressione si è fatta così forte, e sei convinta che chiuderai definitivamente il libro e passerai ad altro senza grossi rimpianti, anzi... proprio mentre lo stai facendo, lentamente ma inesorabilmente stai avvicinando una copertina all’altra anche se continui a seguire con la coda dell’occhio la fine di una frase…lui ti pugnala allo sterno, a tradimento, lasciandoti senza fiato perforata da una lama di autentica, illogica ed intensa poesia.
—Robin-Hood
Буковски. Всички го почитат и възхваляват. Малко хора си позволяват да говорят за крайно сексистките му коментари, които не просто ми се набиват твърде много на очи, ами и ми ги избиват... В цялата книга се повтаря история след история за изнасилвания и как нашият приятел не може да се сдържи. Все едно. Като цяло книгата ми хареса (естествено като изключим сексизма), Буковски си е Буковски с всичките му псувни и крайни изказвания, въпреки това верни. Твърде грубовато подхвърлено, без увъртания, ония коне естествено никога не ги разбрах, все едно, цинизъм на ниво отвратителност, реалността е изобразена по един ужасен начин, по който само той може да я обясни. Всяка жена е к*рва, всеки мъж е пиян глупак, на няколко места се появява жена, чието ниво никой не може да достигне и се описва детайлно всяка част от тялото `и. Имаше моменти, в които ме избиваше на смях, други на озадачаване, в трети просто си блъсках главата да разбера живота на една дърта пияница. А може би не е за разбиране. Само на една история, която ме грабна най-много се смях 10 минути в час, озаглавена "Тези велики писатели". Заслужава си да се прочете циничността. Може би малко хора ще я разберат, де. Но нормалността е дефект.
—Agent of Fortune
Bukowski's gross defiance of most norms is his main appeal. It did catch me the first time I read him, mostly because underneath the sleazy vulgarity transpire some genuine insights and intelligence. This is the third book of his that I read, and while I did enjoy it, the appeal is starting to wear off. Some of the stories were superb, but from others I got nothing more than an alcoholic's sense of self-pity... Something like, "I don't have the answer to life but neither does anybody and whoever thinks there even is an answer is a fool. Booze is not the answer but I sure as hell like it and I'm too much of a strong personality to admit that I'd rather not drink so much, so instead I'll drink and drink hard to leave no doubt that I know what I'm doing." A similar (though even more self-pitying) tone can be found reading the late Kerouac, caught in the same disease. This is coming a bit too negative: as a whole, I did have fun (and also felt sad) reading the book - hence the four stars.
—Momchil